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e andava a sfogarsi con compare Alfio, e si picchiava il petto come davanti al confessore, di aver pensato a pagare dieci lire per fargli rompere le ossa a bastonate.
— Ah! compare Alfio! se sapeste che rovina è capitata nella mia casa, che non dormo nè mangio più, e non faccio altro che della bile, e non sono più padrone di un baiocco del fatto mio, dopo aver sudato tutta la vita ed essermi levato il pan di bocca per raggranellarlo a soldo a soldo. Ora mi tocca vederlo in mano di quella serpe, la quale fa e disfà come vuol lei! e non mi riesce nemmeno di levarmela d’addosso per via del giudice, che non si lascerebbe tentare neanche da satanasso! e mi vuol tanto bene che non me la leverò d’addosso prima di crepare, se non chiudo gli occhi dalla disperazione!
— Quello che stavo dicendo qui a compare Alfio, — seguitava lo zio Crocifisso vedendo accostarsi padron Cipolla, il quale andava bighellonando per la piazza come un cane di macellaio, dacchè gli era entrata in casa quell’altra vespa della Mangiacarrubbe. — Non possiamo più stare nemmeno in casa per non schiattare dalla bile! Ci hanno scacciato fuori di casa nostra, quelle carogne! hanno fatto come il furetto col coniglio. Le donne son messe al mondo per castigo dei nostri peccati. Senza di loro si starebbe meglio. Chi ce l’avrebbe detto, eh? padron Fortunato! Noi che avevamo la pace degli angeli! Guardate com’è fatto il mondo! C’è gente che va cercando questo negozio del matrimonio colla lanterna, mentre chi ci si trova vorrebbe levarsene.