potessero dire in testimonianza la Zuppidda e comare Grazia e gli altri, che non avevano visto niente, e le schioppettate l’avevano udite dal letto, mentre dormivano. Ma don Silvestro si fregava le mani come l’avvocato, e diceva che lo sapeva lui perchè li avevano citati, ed era meglio per l’avvocato. Ogni volta che l’avvocato andava a parlare con ’Ntoni Malavoglia, don Silvestro l’accompagnava alla prigione, quando non avea nulla da fare; al consiglio adesso non ci andava nessuno, e le ulive erano raccolte. Anche padron ’Ntoni aveva tentato d’andarci due o tre volte; ma com’era arrivato davanti a quelle finestre colle inferriate, e i soldati col fucile che le guardavano, e guardavano tutti coloro che entravano, si era sentito male allo stomaco, ed era rimasto ad aspettare lì davanti, seduto sul marciapiedi, in mezzo a quelli che vendevano castagne e fichidindia, e non gli pareva vero che il suo ’Ntoni fosse là, dietro a quelle grate, coi soldati a guardia. L’avvocato poi tornava dal chiacchierare con ’Ntoni fresco come una rosa, fregandosi le mani; e gli diceva che suo nipote stava bene, anzi era ingrassato. Adesso al povero vecchio gli pareva che suo nipote fosse dei soldati.
— Perchè non me lo lasciano andare? — domandava ogni volta come un pappagallo, o come un ragazzo che non sente ragione, e voleva anche sapere se lo tenevano colle mani legate. — Lasciatelo stare dov’è, — gli rispondeva il dottor Scipione. — In queste cose è meglio farci passare del tempo sopra. Già non gli manca nulla, ve l’ho detto, e in-