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di galera; ma il dottor Scipione gli batteva sulla spalla, e gli diceva che non era dottore se non gliela faceva cavare con quattro o cinque anni di prigione.

— Cosa ha detto l’avvocato? — domandò Mena appena vide comparire il nonno con quella faccia; e si mise a piangere prima di udire la risposta. Il vecchio si strappava quei pochi capelli bianchi, e andava come un pazzo per la casa, ripetendo: — Ah! perchè non siamo morti tutti! — Lia, bianca come la camicia, piantava tanto d’occhi in faccia a ciascuno che parlava, senza potere aprir bocca. Poco dopo arrivò la citazione per testimonianza a Barbara Zuppidda, e Grazia Piedipapera, e don Franco lo speziale, e a tutti quelli che chiacchieravano nella piazza e nella bottega di Pizzuto; sicchè il paese intero si mise in subbuglio, e la gente si affollava colla carta bollata in mano, e giurava che non sapeva nulla, com’è vero Dio! perchè non voleva averci che fare colla giustizia. Accidenti a ’Ntoni e ai Malavoglia che li tiravano pei capelli nei loro imbrogli. La Zuppidda strillava come un’ossessa: — Io non so niente; io all’avemaria mi chiudo in casa, e non sono come loro che vanno in giro per fare quello che fanno, o che stanno sull’uscio per cicalare con gli sbirri.

— Alla larga col governo! — aggiungeva don Franco. — Sanno che sono repubblicano, e sarebbero contenti di acchiappare un pretesto per farmi sparire dalla faccia della terra.

La gente si logorava il cervello a sapere che cosa