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na! — urlava ’Ntoni; — lo vedete che non posso più muovermi!

— Va là, va là, Malavoglia! — gli rispondevano. — Il tuo conto è bello e aggiustato! — e lo spingevano a boccate di carabina.

Mentre lo conducevano in caserma, legato peggio di Cristo anche lui, e gli portavano dietro don Michele, sulle spalle delle guardie, andava cercando cogli occhi dove fossero Cinghialenta e Rocco Spatu. — L’hanno scappata! — diceva fra di sè; non hanno a temere più niente, come Vanni Pizzuto e Piedipapera che dormono fra le lenzuola a quest’ora. Soltanto a casa mia non dormono più, dacchè hanno udito le schioppettate.

Infatti quei poveretti non dormivano, e stavano sulla porta, sotto la pioggia, come se avesse parlato loro il cuore; mentre i vicini, si voltavano dall’altra parte, e tornavano a dormire, sbadigliando: — Domani sapremo cos’è stato.

Sul tardi, appena principiò a rompere l’alba, la gente si affollava davanti alla bottega di Pizzuto, che c’era ancora il lumicino; e lì si faceva un gran chiacchierare di quel che era successo, in quel diavolìo della notte.

— Hanno sorpreso il contrabbando e i contrabbandieri; — raccontava Pizzuto, — e don Michele ci ha buscato una coltellata. — La gente guardava verso la porta dei Malavoglia, e faceva segno col dito. Infine venne la cugina Anna, tutta spettinata, bianca come un cencio, e non sapeva che dire. Padron ’Ntoni, come se gli parlasse il cuore, domandò: