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gia, rasente i muri. — E anche costui! — masticava fra i denti Cinghialenta, — che sta a sparlare di Piedipapera, e dice che non ha nessuno al mondo. Almeno Piedipapera ci ha la moglie. E ci ho la moglie anch’io! Ma io son di quelli delle palle!...
In quel momento passavano quatti quatti dietro l’uscio della cugina Anna, e Rocco Spatu disse che anche lui ci aveva la mamma, la quale a quell’ora stava dormendo, beata lei.
— Chi può starsene fra le lenzuola, con questo tempaccio, non va in giro di certo; — conchiuse compare Cinghialenta.
’Ntoni fece segno di star zitti, e di scantonare per la viottola, onde evitare di passare davanti alla sua casa, chè Mena o il nonno potevano stare ad aspettarlo, e li avrebbero uditi.
— Non sta ad aspettar te, no, tua sorella; — gli diceva quell’ubbriacone di Rocco Spatu. — Se mai, aspetta don Michele!
’Ntoni allora voleva mangiargli l’anima, mentre si trovava il coltello in tasca, e Cinghialenta chiese loro se erano ubbriachi, a volersi quistionare per delle sciocchezze, mentre andavano a fare quello che sapevano.
Mena infatti aspettava il fratello dietro l’uscio, col rosario in mano, ed anche Lia, senza dir nulla di quello che sapeva, ma pallida come una morta. E meglio sarebbe stato per tutti che ’Ntoni fosse passato per la strada del Nero, invece di scantonare per la viottola. Don Michele c’era stato davvero verso un’ora di notte, e aveva picchiato all’uscio.
— Chi è a quest’ora? — disse Lia, la quale orlava