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come se anch’egli fosse morto, e non stendevano nemmeno la tovaglia, sparpagliati per la casa, colla scodella sulle ginocchia. — Questo è l’ultimo colpo per me che sono vecchio! — ripeteva il nonno; e chi lo vedeva passare colle reti in spalla, per andare a giornata, diceva: — Questa è l’ultima invernata per padron ’Ntoni. Poco ci vorrà che tutti quegli orfani rimangono sulla strada. — E la Lia, se la Mena le diceva di ficcarsi dentro quando passava don Michele, rispondeva con tanto di bocca:
— Sì! bisogna ficcarsi in casa, quasi fossi un tesoro! Sta tranquilla che di tesori come noi non ne vogliono neppure i cani!
— Oh! se tua madre fosse qui, non diresti così! — mormorava Mena.
— Se mia madre fosse qui, non sarei orfana, e non dovrei pensarci da me ad aiutarmi. E nemmeno ’Ntoni andrebbe per le strade, che è una vergogna sentirsi dire che siamo sue sorelle, e nessuno vorrà prendersi in moglie la sorella di ’Ntoni Malavoglia.
’Ntoni, ora che era in miseria, non aveva più ritegno di mostrarsi insieme a Rocco Spatu e a Cinghialenta per la sciara e verso il Rotolo, e a discorrere sottovoce fra di loro, colla faccia scura, a guisa di lupi affamati. Don Michele tornava a dire alla Mena: — Vostro fratello vi darà qualche dispiacere, comare Mena!
Mena era ridotta ad andare a cercare il fratello sulla sciara anche lei, e verso il Rotolo, o sulla porta dell’osteria; e piangeva e singhiozzava, tirandolo per la manica della camicia. Ma egli rispondeva: