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— Come va che non vi siete maritata ancora? — le diceva anche don Michele.

Ella si stringeva nelle spalle, e rispondeva che non lo sapeva.

— Voi dovreste avere la veste di lana e seta, e gli orecchini lunghi; chè allora, in parola d’onore, gli fareste tenere il candeliere a molte signore della città.

— La veste di lana e seta non fa per me, don Michele! — rispondeva Lia.

— O perchè? La Zuppidda non l’ha? e la Mangiacarrubbe, ora che ha acchiappato Brasi di padron Cipolla, non l’avrà anche lei? e la Vespa, se la vuole, non se la farà come le altre?

— Loro son ricche, loro!

— Sorte scellerata! — esclamava don Michele battendo col pugno sulla sciabola. — Vorrei pigliare un terno al lotto, vorrei pigliare, comare Lia! per farvi vedere cosa son capace di fare!

Alle volte don Michele aggiungeva: — Permettete? — colla mano nel berretto, e si metteva a sedere lì vicino sui sassi, mentre non aveva da fare. Mena credeva che volesse stare lì per comare Barbara, e non gli diceva nulla. Ma don Michele alla Lia le giurava che non era per la Barbara, e non ci aveva mai pensato, sulla santa parola d’onore! Pensava a tutt’altro lui, se non lo sapeva comare Lia!…

E si fregava il mento, o si tirava i baffi guardandola come il basilisco. La ragazza si faceva di mille colori e si alzava per andarsene. Però don Mi-