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torto fosse suo. ’Ntoni diceva che se non lo volevano in casa sapeva dove andare a dormire, nella stalla della Santuzza; e già non spendevano nulla a casa sua per dargli da mangiare. Padron ’Ntoni, e Alessi, e Mena, tutto quello che buscavano colla pesca, col telaio, al lavatoio, e con tutti gli altri mestieri, potevano metterlo da parte, per quella famosa barca di san Pietro, colla quale si guadagnava di rompersi le braccia tutti i giorni per un rotolo di pesce, o per la casa del nespolo, nella quale si sarebbe andati a crepare allegramente di fame! tanto lui un soldo non l’avrebbe voluto; povero diavolo per povero diavolo, preferiva godersi un po’ di riposo, finchè era giovane, e non abbaiava la notte come il nonno. Il sole c’era lì per tutti, e l’ombra degli ulivi per mettersi al fresco, e la piazza per passeggiare, e gli scalini della chiesa per stare a chiacchierare, e lo stradone per veder passare la gente e sentir le notizie, e l’osteria per mangiare e bere cogli amici. Poi quando gli sbadigli vi rompevano le mascelle, si giocava alla mora, o a briscola; e quando infine si aveva sonno, ci era lì la chiusa dove pascevano i montoni di compare Naso, per sdraiarsi a dormire il giorno, o la stalla di comare suor Mariangela quand’era notte.
— Che non ti vergogni di far questa vita? — gli disse alfine il nonno, il quale era venuto apposta a cercarlo colla testa bassa e tutto curvo; e piangeva come un fanciullo nel dir così, tirandolo per la manica dietro la stalla della Santuzza, perchè nessuno li vedesse. — E alla tua casa non ci pensi?