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la sciara, e pel vallone, e sotto il ponte, colla schiuma alla bocca, giurando e spergiurando che se li trovava voleva dar loro tante di quelle pedate, e farsi venire le orecchie di suo figlio nelle mani. Lo zio Crocifisso a quel discorso si cacciava le mani nei capelli anche lui, e diceva che la Zuppidda l’aveva rovinato a non rapire Brasi una settimana prima. — Questa è stata la volontà di Dio! — andava dicendo picchiandosi il petto; — la volontà di Dio è stata che io m’avessi a pigliare la Vespa per castigo dei miei peccati! — E dei peccati doveva avercene grossi assai, perchè la Vespa gli avvelenava il pane in bocca, e gli faceva soffrire le pene del purgatorio, notte e giorno. Per giunta poi si vantava di essergli fedele, che non avrebbe guardato in faccia un cristiano, fosse giovane e bello come ’Ntoni Malavoglia o Vanni Pizzuto, per tutto l’oro del mondo; mentre gli uomini le ronzavano sempre attorno a tentarla come ci avesse il miele nelle gonnelle. — Se fosse vero andrei a chiamarglielo io stesso colui! — borbottava lo zio Crocifisso; — purchè me la levasse davanti! E diceva pure che avrebbe pagato qualche cosa a Vanni Pizzuto o a ’Ntoni Malavoglia perchè gli facessero le corna, giacchè ’Ntoni faceva quel mestiere. — Allora potrei mandarla via quella strega che mi son cacciata in casa!

Ma ’Ntoni il mestiere lo faceva dove era grasso, e ci mangiava e beveva, che era un piacere a vederlo. Ora portava la testa alta, e se la rideva se il nonno gli diceva qualche parola a bassa voce; adesso era il nonno che si faceva piccino, quasi il