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Malavoglia, senza galloni, valeva dieci volte don Michele; a lui, quello che gli dava glielo dava di tutto cuore. ’Ntoni si guadagnava il pane in tal modo, e quando il nonno gli rimproverava il suo far nulla, e la sorella lo guardava tristamente, cogli occhi fissi, rispondeva: — Forse che vi costo qualche cosa? Dei denari della casa non ne spendo, e il mio pane me lo guadagno da me. — Meglio sarebbe che tu morissi di fame, gli diceva il nonno, e che avessimo a morire tutti oggi stesso! — Infine nessuno parlava più, seduti dov’erano, e voltandosi le spalle. Padron ’Ntoni era ridotto a non aprir bocca, per non litigare col nipote; e ’Ntoni poi, quand’era stanco della predica, piantava lì tutti della paranza, a piagnucolare, e se ne andava a trovar Rocco o compare Vanni, coi quali si stava allegri e se ne trovava sempre una nuova da inventare.
Una volta inventarono di fare la serenata allo zio Crocifisso, la notte in cui s’era maritato colla Vespa, e condussero sotto le finestre di lui tutti coloro cui lo zio Crocifisso non voleva prestare più un soldo, coi cocci, e le pentole fesse, i campanacci del beccaio e gli zufoli di canna, a fare il baccano e un casa del diavolo sino a mezzanotte, talchè la Vespa l’indomani s’alzò più verde del solito, e se la prese con quella canaglia della Santuzza, nella taverna della quale s’era macchinata tutta quella birbonata, per gelosia che lei se l’era trovato il marito, onde stare in grazia di Dio, mentre le altre erano sempre nel peccato mortale, e facevano mille porcherie, sotto l’abitino della Madonna.