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sarebbe saputo il motivo per cui aveva dato in mano a don Silvestro quel denaro, per sua vergogna.

— Poi, — osservò Pizzuto, — donde l’erano venute le 25 onze a donna Rosolina? «Roba rubata non dura».

— Almeno erano sempre nella casa, — diceva Spatu; — se mia madre avesse 12 tarì, e glieli prendessi, che passerei per ladro?

Di ladro in ladro vennero a parlare dello zio Crocifisso, il quale aveva perso più di 30 onze, dicevano, con tanta gente che era morta di colèra, e gli erano rimasti i pegni. Ora Campana di legno, per non saper che fare di tutti quegli anelli e di tutti quegli orecchini rimastigli in pegno, si maritava con la Vespa; la cosa era certa, che l’avevano visto persino andare a farsi scrivere al municipio, presente don Silvestro. — Non è vero che se la piglia per gli orecchini, — diceva Piedipapera, il quale poteva saperlo. — Gli orecchini e le collane alla fin fine sono d’oro ed argento colato, e avrebbe potuto andare a venderli alla città; anzi ci avrebbe guadagnato il tanto per tanto sui denari che ha dati. Se la piglia perchè la Vespa gli fece vedere e toccare con mano che stava per andare dal notaio, con compare Spatu, ora che la Mangiacarrubbe s’è tirato in casa Brasi Cipolla. Scusate veh! compare Rocco.

— Niente niente, compare Tino; — rispose Rocco Spatu. — A me non me ne importa; perchè chi si fida di quelle canaglie di femmine, è un porco. Per me la mia innamorata è la Santuzza, che mi fa credenza quando voglio; e ne vuol due delle Mangia-