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gode senza far nulla, e nasce colla fortuna nei capelli, e degli altri che non hanno niente, e tirano la carretta coi denti per tutta la vita?
Poi quella storia d’andare a giornata non gli andava affatto, a lui ch’era nato padrone, l’aveva detto anche il nonno. Vedersi comandare a bacchetta, da gente che erano venuti su dal nulla, che tutti lo sapevano, in paese, come avevano fatto i loro denari a soldo a soldo, sudando ed affaticandosi! A giornata ci andava proprio perchè il nonno ve lo conduceva, e non gli bastava ancora l’anima di dir di no. Ma quando il soprastante gli stava addosso come un cane, e gli gridava dalla poppa: — Oh! laggiù, ragazzo! che facciamo? — Gli veniva voglia di dargli del remo sulla testa, e preferiva starsene ad aggiustare le nasse, e rifare le maglie delle reti, seduto sulla riva, colle gambe distese, e la schiena appoggiata ai sassi; che allora se pure stava un momento colle mani sotto le ascelle nessuno gli diceva nulla.
Là veniva anche a stirarsi le braccia Rocco Spatu, e Vanni Pizzuto, quando non aveva che fare, fra una barba e l’altra, ed anche Piedipapera, che era il suo mestiere di chiacchierare con questo e con quello per cercare le senserie. E si discorreva di ciò che succedeva in paese, di quello che donna Rosolina aveva raccontato a suo fratello, sotto il sigillo della confessione, quando era stato il tempo del colèra, che don Silvestro le aveva truffato le 25 onze, e non poteva andare dal giudice, perchè le 25 onze donna Rosolina le aveva rubate a suo fratello il vicario, e si