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ogni cosa preparata; la pentola che bolliva, e la tovaglia sul desco; oramai quel desco era troppo grande per loro, e ci si perdevano. Chiudevano l’uscio e mangiavano in santa pace. Poi si mettevano a sedere sulla porta, coi ginocchi fra le braccia, e si riposavano della giornata. Almeno non mancava nulla, e non toccavano più i denari della casa. Padron ’Ntoni aveva sempre la casa davanti agli occhi, là vicino, colle finestre chiuse, e il nespolo che si affacciava sul muro del cortile. Maruzza non aveva potuto morire in quella casa; nè egli forse vi sarebbe morto; ma i denari ricominciavano a raggranellarsi, e i suoi ragazzi ci sarebbero tornati un giorno, ora che Alessi cominciava a farsi uomo anche lui, ed era un buon figliuolo della pasta dei Malavoglia. Quando poi avrebbero maritato le ragazze e ricomperata la casa, se potevano metter su anche la barca, non avevano più nulla a desiderare, e padron ’Ntoni avrebbe chiuso gli occhi contento.
La Nunziata e la cugina Anna venivano anche loro a sedersi lì accanto sui sassi, a chiacchierare dopo cena con quei poveretti, che erano rimasti soli e derelitti anch’essi, talchè sembrava fossero parenti. La Nunziata pareva che fosse a casa sua, e ci conduceva i suoi piccini, come la chioccia. Alessi, seduto accanto a lei le diceva: — O che l’hai finita oggi la tua tela? — oppure: — Lunedì ci andrai a vendemmiare da massaro Filippo? Ora che viene il tempo delle ulive avrai sempre da buscartela la tua giornata, anche se non hai roba da lavare; e potrai condurvi il tuo fratellino, che ora glieli daranno due