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Ma lo zio Crocifisso non voleva sentir parlare di niente, che quasi quasi gli spuntavano le lagrime, con quella faccia gialla, ora che aveva preso il colèra; e tirava per andarsene, e voleva lasciargli il giubbone nelle mani. — Non me ne importa! — ripeteva. — Non me ne importa niente. Voi non sapete cosa ci ho qui dentro, compare Tino! Tutti vogliono succhiarmi il sangue come le sanguisughe, e prendersi il fatto mio. Ora v’è anche Pizzuto che corre dietro la Vespa, tutti come cani da caccia!

— E voi prendetevela la Vespa! O infine non è sangue vostro, lei e la sua chiusa? Non sarà una bocca di più, no! che ha le mani benedette quella donna, e non lo perderete il pane che gli darete da mangiare! Ci avrete una serva in casa, senza darle salario, e vi prenderete anche la chiusa. Sentite a me, zio Crocifisso, questo è un altro affare come quello dei lupini!

Padron ’Ntoni intanto aspettava la risposta davanti alla bottega di Pizzuto, e guardava come un’anima del Purgatorio quei due che pareva si azzuffassero, per cercare di indovinare se lo zio Crocifisso diceva di sì. Piedipapera veniva a dirgli quel che aveva potuto ottenere dallo zio Crocifisso, e poi tornava a parlare con lui; e andava e veniva per la piazza come la spola nel telaio, tirandosi dietro la sua gamba storta, finchè riescì a metterli d’accordo. — Benone! — diceva a padron ’Ntoni; e allo zio Crocifisso: — Per un pezzo di pane! — così combinò anche la vendita di tutti gli attrezzi, chè i Malavoglia non sapevano che farsene, ora che non possedevano più