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viene il figlio del re, verrà qualchedun altro. Lo so anch’io che il mondo va così, e non abbiamo diritto di lagnarcene. Voi, perchè non vi siete innamorato di mia figlia, invece d’innamorarvi della Barbara che è gialla come il zafferano? perchè la Zuppidda aveva il fatto suo; non è vero? E quando la disgrazia vi ha fatto perdere il fatto vostro, a voi altri, è naturale che la Barbara v’avesse a piantare.

— Voi vi accomodate a ogni cosa, — rispose ’Ntoni imbronciato, — e hanno ragione di chiamarvi Cuor contento.

— E se non fossi Cuor contento, che si cambiano le cose? Quando uno non ha niente, il meglio è di andarsene come fece compare Alfio Mosca.

— Quello che dico io! — esclamò ’Ntoni.

— Il peggio, — disse infine Mena, — è spatriare dal proprio paese, dove fino i sassi vi conoscono, e dev’essere una cosa da rompere il cuore il lasciarseli dietro per la strada. «Beato quell’uccello, che fa il nido al suo paesello».

— Brava Sant’Agata! — conchiuse il nonno. — Questo si chiama parlare con giudizio.

— Sì! — brontolò ’Ntoni, — intanto, quando avremo sudato e faticato per farci il nido ci mancherà il panico; e quando arriveremo a ricuperar la casa del nespolo, dovremo continuare a logorarci la vita dal lunedì al sabato; e saremo sempre da capo!

— O tu che non vorresti lavorare più? Cosa vorresti fare? l’avvocato?

— Io non voglio fare l’avvocato! — brontolò ’Ntoni, e se ne andò a letto di cattivo umore.