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non l’avrebbe data a uno che si mangiava il pane del re e faceva lo sbirro, ed era nel peccato mortale colla Santuzza per giunta, glielo aveva detto don Giammaria sotto sigillo di confessione, ma ella se lo teneva nelle ciabatte, il sigillo della confessione, quando ci andava di mezzo la sua Barbara, — e ne disse tanti e tanti degli improperi, che la Longa e la cugina Anna dovettero chiudere la porta perchè non udissero le ragazze; e mastro Cola suo marito, onde non restare indietro, sbraitava anche lui: — Se mi toccano la coda mi fanno fare qualche sproposito, benedetto Dio! Io non ho paura di don Michele, e di massaro Filippo, e di tutta la ciurma della Santuzza!

— State zitto! — gli dava sulla voce comare Venera; — non avete inteso che massaro Filippo non c’entra più colla Santuzza?

Gli altri invece continuavano a dire che la Santuzza ci aveva massaro Filippo per aiutarla a dire le orazioni, l’aveva visto Piedipapera. — Bravo! Massaro Filippo ha bisogno d’aiuto anche lui! — ripeteva Pizzuto. — Non l’avete visto che è venuto a pregare e strapregare don Michele per aiutarlo?

Nella spezieria don Franco chiamava la gente apposta per schiamazzare sull’avventura.

— Ve l’avevo detto, non è vero? Tutti così, quei leccasanti! col diavolo sotto le gonnelle! Bel lavoro, eh! due alla volta, per fare il paio! Ora che gli danno la medaglia a don Michele, l’appenderanno insieme a quella di figlia di Maria che ci ha la Santuzza. — E sporgeva il capo fuori dall’uscio per vedere se ci