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versi a pigliare la risoluzione che ci voleva, da vero cetriolo che era. — Allora, diceva la Zuppidda, «’Ntrua, ’ntrua! ciascuno a casa sua!». — E suo marito le ripeteva: — Te l’avevo detto che a me i pasticci non mi piacciono! — Voi andatevene a lavorare! — rispondeva lei, — che non sapete nulla.
’Ntoni, ogni volta che andava dai Zuppiddi, trovava tanto di grugno, e la gnà Venera gli rinfacciava ogni volta che i Malavoglia avevano invitato la Piedipapera a pettinare la Mena, bella pettinatura che le aveva fatto! per leccare le ciabatte a compare Tino, a motivo di quei quattro soldi della casa; che poi la casa se l’era presa egualmente, e li aveva lasciati in camicia come Gesù Bambino.
— Vi pare che non lo sappia cosa ha detto vostra madre Maruzza in quei tempi in cui portava il naso in sù, che la Barbara non era quella che ci voleva per suo figlio ’Ntoni, perchè era avvezza come una signorina, e non sapeva quel che ci vuole ad essere una buona moglie di marinaro. Me l’hanno raccontato al lavatoio, comare Mangiacarrubbe e la gnà Cicca.
— Comare Mangiacarrubbe e la gnà Cicca sono due carogne, — rispondeva ’Ntoni, — e parlano per l’invidia che non ho sposato la Mangiacarrubbe.
— Per me pigliatevela pure! Bel guadagno che ci fa la Mangiacarrubbe!
— Allora, comare Venera, se mi dite questo è come se mi diceste: in casa mia non ci mettete più piede.
’Ntoni voleva far l’uomo, e non si lasciava vedere per due o tre giorni. Ma la piccola Lia, che non sa-