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Gli avevano ripreso persino il vestito nuovo a Brasi, ed ei si sfogava ad andare a stanare le lucertole nella sciara, o a mettersi a cavalcioni sul muricciuolo del lavatoio, e giurava di non far più nulla, neanche se l’ammazzavano, ora che non volevano dargli la moglie, e gli avevano ripreso persino il vestito nuovo delle nozze; per fortuna la Mena non poteva vederlo più così vestito com’era, perchè i Malavoglia stavano sempre colla porta chiusa ancor essi, poveretti, nella casuccia del beccaio che avevano presa in affitto, nella strada del Nero, vicino ai Zuppiddi, e se accadeva di vederli da lontano, Brasi correva a nascondersi dietro il muro, o tra i fichidindia.

La cugina Anna che scopriva ogni cosa dal greto dove era a stendere la tela, diceva con comare Grazia: — Ora quella povera Sant’Agata resta in casa, peggio di una casseruola appesa al muro, tale e quale come le mie figliuole che non hanno dote.

— Poveretta! — rispondeva comare Grazia, — e le avevano perfino spartito i capelli!

Mena però era tranquilla, e s’era rimessa la spadina d’argento nelle trecce da sè stessa, senza dir nulla. Adesso aveva tanto da fare nella casa nuova, dove bisognava mettere ogni cosa a un altro posto, e non si vedeva più il nespolo e la porta della cugina Anna e della Nunziata. Sua madre la covava cogli occhi, mentre lavorava accanto a lei, e l’accarezzava col tono della voce, quando le diceva, — dammi la forbice, o, tienmi la matassa — che se la sentiva nelle viscere, la sua figliuola, ora che tutti le voltavano le spalle; ma la ragazza cantava come uno stornello,