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questi gli rideva sul naso, e gli diceva che «chi è minchione se ne sta a casa», che non doveva lasciarvi mettere la mano alla nuora, e poichè aveva fatto il pasticcio se lo mangiasse. «Guai a chi casca per chiamare aiuto!».
— Sentite a me, — gli suggerì don Silvestro, — piuttosto dategli la casa, se no se ne va in spese perfino la Provvidenza e i capelli che ci avete in testa; e ci perdete anche le vostre giornate, coll’andare e venire dall’avvocato.
— Se ci date la casa colle buone, — gli diceva Piedipapera, — vi lasceremo la Provvidenza, che potrete sempre guadagnarvi il pane, e resterete padroni, e non verrà l’usciere colla carta bollata.
Compare Tino non aveva fiele in corpo, e andava a parlare a padron ’Ntoni come se non fosse fatto suo, passandogli il braccio attorno al collo, e gli diceva: — Scusatemi, fratello mio, a me mi dispiace più di voi, di cacciarvi fuori dalla vostra casa, ma che volete? sono un povero diavolo; quelle cinquecento lire me le son levate dalla bocca, e san Giuseppe prima fece la sua barba. Fossi ricco come lo zio Crocifisso non ve ne parlerei nemmeno, in coscienza mia!
Il povero vecchio non aveva il coraggio di dire alla nuora che dovevano andarsene colle buone dalla casa del nespolo, dopo tanto tempo che ci erano stati, e pareva che fosse come andarsene dal paese, e spatriare, o come quelli che erano partiti per ritornare, e non erano tornati più, che ancora c’era lì il letto di Luca, e il chiodo dove Bastianazzo appendeva il giubbone. Ma infine bisognava sgomberare con tutte