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si affollano a vedere cos’è stato, talchè anche le donnicciuole guardavano da lontano colla bocca aperta, senza osare d’accostarsi.
— Io, per me, vado a vedere cos’è successo; — disse Piedipapera, e scese dal muro adagio adagio.
In quel crocchio, invece dell’asino caduto, c’erano due soldati di marina, col sacco in spalla e le teste fasciate, che tornavano in congedo. Intanto si erano fermati dal barbiere a farsi dare un bicchierino d’erbabianca. Raccontavano che si era combattuta una gran battaglia di mare, e si erano annegati dei bastimenti grandi come Aci Trezza, carichi zeppi di soldati; insomma un mondo di cose che parevano quelli che raccontano la storia d’Orlando e dei paladini di Francia alla Marina di Catania, e la gente stava ad ascoltare colle orecchie tese, fitta come le mosche.
— Il figlio di Maruzza la Longa ci era anche lui sul Re d’Italia, — osservò don Silvestro, il quale si era accostato per sentire.
— Ora vado a dirlo a mia moglie! — saltò su mastro Cola Zuppiddu, — così si persuaderà ad andarci da comare Maruzza, chè i musi lunghi non mi piacciono fra vicini ed amici.
Ma intanto la Longa non ne sapeva nulla, poveraccia! e rideva ed era in festa coi parenti e gli amici.
Il soldato non finiva di chiacchierare con quelli che volevano ascoltarlo, giocando colle braccia come un predicatore. — Sì, c’erano anche dei siciliani; ce n’erano di tutti i paesi. Del resto, sapete, quando suona la generale nelle batterie, non si sente più nè