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cocca mi hanno detto che la gente muore come le mosche, dalla malaria.

Alfio si strinse nelle spalle, e disse che non poteva farci nulla. — Io non vorrei andarmene, — ripeteva, guardando la candela. — E voi non mi dite nulla, comare Mena?

La ragazza aprì la bocca due o tre volte per dire qualche cosa, ma il cuore non le resse.

— Anche voi ve ne andate dal vicinato, ora che vi maritano, — aggiunse Alfio. — Il mondo è fatto come uno stallatico, che chi viene e chi se ne va, e a poco a poco tutti cambiano di posto, e ogni cosa non sembra più quella. — Così dicendo si fregava le mani e rideva, ma colle labbra e non col cuore.

— Le ragazze, — disse la Longa, — vanno come Dio le ha destinate. Ora son sempre allegre e senza pensieri, e com’entrano nel mondo cominciano a conoscere i guai e i dispiaceri.

Compar Alfio, dopo che furono tornati a casa padron ’Ntoni e i ragazzi, e li ebbe salutati, non sapeva risolversi a partire, e rimaneva sulla soglia, colla frusta sotto l’ascella, a stringere la mano a questo e a quello, anche a comare Maruzza, e ripeteva, come si suol fare quando uno se ne va lontano, e non si sa bene se ci si rivede più: — Perdonatemi se ho mancato qualche volta. — La sola che non gli strinse la mano fu Sant’Agata, la quale stava rincantucciata vicino al telaio. Ma le ragazze si sa che devono fare così.

Era una bella sera di primavera, col chiaro di luna per le strade e nel cortile, la gente davanti agli usci,