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— Son venuto a rompervi le corna, se aggiungete altro. — Alle grida la gente si era affacciata sugli usci, e si era radunata una gran folla; sicchè si azzuffarono perbene, e Piedipapera, il quale ne sapeva più del diavolo, si lasciò cadere a terra tutto in un fascio con ’Ntoni Malavoglia, che così non valevano a nulla le gambe buone, e si avvoltolarono nel fango, picchiandosi e mordendosi come i cani di Peppi Naso, tanto che ’Ntoni di padron ’Ntoni dovette ficcarsi nel cortile dei Zuppiddi, perchè aveva la camicia tutta stracciata, e Piedipapera lo condussero a casa insanguinato come Lazzaro.
— Sta a vedere! — strepitava ancora comare Venera, dopo che ebbero chiusa la porta sul naso ai vicini, — sta a vedere che in casa mia non sono padrona di fare quello che mi pare e piace. Mia figlia la do a chi vogl’io.
La ragazza, tutta rossa, s’era rifugiata in casa, col cuore che gli batteva come un pulcino.
— Ti ha mezzo strappata quest’orecchia! — diceva compare Bastiano versando adagio adagio dell’acqua sulla testa di ’Ntoni. — Morde peggio di un cane corso, compare Tino!
’Ntoni aveva ancora il sangue agli occhi, e voleva fare un precipizio.
— Sentite, comare Venera, — disse allora davanti a tutto il mondo, — per me se non mi piglio vostra figlia non mi marito più. — E la ragazza sentiva dalla camera. — Questi non son discorsi da farsi ora, compare ’Ntoni; ma se vostro nonno dice di sì, io per me non vi cambio per Vittorio Emanuele.