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Piedipapera, sebbene volesse far l’indifferente, pel decoro della carica, finì col perdere la pazienza, e si rizzò sulla gamba storta, gridando a mastro Cirino, l’inserviente comunale, il quale era incaricato del buon ordine, e per questo ci aveva il berretto col rosso quando non faceva il sagrestano: — Fatemi tacere quella linguaccia là.
— Eh, a voi vi piacerebbe che nessuno parlasse, eh! compare Tino?
— Come se tutti non lo sapessero il mestiere che fate, che poi chiudete gli occhi quando ’Ntoni di padron ’Ntoni viene a parlare con vostra figlia Barbara.
— Gli occhi li chiudete voi, becco che siete! quando vostra moglie fa il comodino alla Vespa, la quale viene tutti i giorni a mettersi sulla vostra porta per cercare Alfio Mosca, e voi altri tenete il candeliere. Bel mestiere! Ma compare Alfio non vuol saperne, ve lo dico io; ci ha pel capo Mena di padron ’Ntoni, e voi altri ci perdete l’olio della lucerna, se la Vespa ve l’ha promesso.
— Ora vengo a romperti le corna! — minacciò Piedipapera, e cominciò ad arrancare dietro la tavola d’abete.
— Oggi va a finir male! — borbottava mastro Croce Giufà.
— Ohè! ohè! che maniere son queste, vi par d’essere in piazza! — urlava don Silvestro. — Volete scommettere che vi caccio fuori tutti a calci? Ora l’aggiusto io questa faccenda.
La Zuppidda non voleva sentirne affatto d’aggiu-