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barche, e vive alle spalle del prossimo, e tiene il sacco a questo e a quello. — Volete saperne una? Non è vero niente che ha comprato il credito dello zio Crocifisso! È tutta una finzione fra lui e Campana di legno, per spogliare quei poveretti. Piedipapera non li ha mai visti cogli occhi cinquecento lire!

Don Silvestro, per sentire quello che dicevasi di lui, andava spesso a comprare qualche sigaro all’osteria, e allora Rocco Spatu, e Vanni Pizzuto, uscivano fuori bestemmiando; o si fermava a chiacchierare collo zio Santoro, tornando dalla vigna, e così venne a sapere tutta la storia della finta compera di Piedipapera; ma lui era «cristiano» con uno stomaco fondo come un pozzo, e metteva tutto là dentro. Egli sapeva il fatto suo, e come Betta l’accoglieva colla bocca spalancata peggio di un cane arrabbiato, e mastro Croce Callà s’era lasciato scappare il detto che a lui non gliene importava, rispose: — Volete scommettere che ora vi pianto? — e non si fece più vedere in casa del sindaco; così ci avrebbero pensato loro a cavarsi d’impiccio, e la Betta non avrebbe potuto più dirgli sul mostaccio che voleva rovinare suo padre Callà, e i suoi consigli erano quelli di Giuda, che aveva venduto Cristo per trenta denari, e così egli voleva riescire a buttar giù il sindaco pei suoi fini, e fare il gallo in paese. Sicchè la domenica in cui doveva radunarsi il consiglio, don Silvestro, dopo la santa messa, andò a ficcarsi nello stanzone del municipio, dove c’era prima il posto della Guardia Nazionale, e si mise tranquillamente a temperare le