Pagina:I Malavoglia.djvu/112


— 102 —

fatti loro, coi remi in collo, stringendosi nelle spalle.

— Quelli sono carogne, che non gli importa un corno della patria! — sbraitava don Franco, tirando il fumo dalla pipa come se volesse mangiarsela. Gente che non muoverebbe un dito pel suo paese.

— Tu lasciali dire! — diceva padron ’Ntoni a suo nipote, il quale voleva rompere il remo sulla testa a chi gli dava della carogna; — colle loro chiacchiere non ci danno pane, nè ci levano un soldo di debito dalle spalle.

Lo zio Crocifisso, il quale era di quelli che badano ai fatti propri, e quando gli cavavano sangue colle tasse si masticava la sua bile dentro di sè, per paura di peggio, adesso non si faceva più vedere in piazza, addossato al muro del campanile, ma stava rintanato in casa, al buio, a recitare paternostri e avemarie per digerire la collera contro quelli che strillavano, ed era gente che voleva mettere a sacco e a fuoco il paese, e andare a svaligiare chi ci aveva quattro soldi in casa. — Lui ha ragione, — dicevano in paese, — perchè dei soldi deve averne a palate. — Ora ci ha pure le cinquecento lire dei lupini che gli ha dato Piedipapera!

Ma la Vespa, la quale aveva tutta la sua roba al sole, e non temeva che gliela rubassero, andava gridando per lui, colle mani in aria, nera come un tizzone, e coi capelli al vento, che suo zio se lo mangiavano vivo ogni sei mesi, colla fondiaria, e voleva cavargli gli occhi colle sue mani all’esattore, se tornava da suo zio. Adesso ella ronzava continuamente da comare Grazia, dalla cugina Anna e