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— Tu sei una vera Malavoglia, la mia ragazza!

Le galline starnazzavano nel terriccio del cortile, al sole, e la chioccia, tutta ingrullita, colla sua penna nel naso, scuoteva il becco in un cantuccio; sotto le frasche verdi dell’orto, lungo il muro, c’era appeso su dei piuoli dell’altro ordito ad imbiancare, coi sassi al piede. — Tutta questa roba fa danari, — ripeteva padron ’Ntoni; — e colla grazia di Dio, non ci manderanno più via dalla nostra casa. «Casa mia, madre mia».

— Ora i Malavoglia devono pregare Dio e san Francesco perchè la pesca riesca abbondante, — diceva intanto Piedipapera.

— Sì, colle annate che corrono! — esclamò padron Cipolla, — chè in mare ci devono aver buttato il colera anche per i pesci!

Compare Mangiacarrubbe diceva di sì col capo, e lo zio Cola tornava a parlare del dazio del sale che volevano mettere, e allora le acciughe potevano starsene tranquille, senza spaventarsi più dalle ruote dei vapori, chè nessuno sarebbe più andato a pescarle.

— E ne hanno inventata un’altra! — aggiunse mastro Turi il calafato, — di mettere anche il dazio sulla pece. Quelli a cui non gliene importava della pece non dissero nulla; ma lo Zuppiddu seguitò a strillare che egli avrebbe chiuso bottega, e chi aveva bisogno di calafatare la barca poteva metterci la camicia della moglie per stoppa. Allora si levarono le grida e le bestemmie. In questo momento si udì il fischio della macchina, e i carrozzoni della ferrovia sbucarono tutt’a un tratto sul pendio del colle,