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lasciò il piovanato, e fecesi Frate Minore; e fu di tanta santitade, che fece molti miracoli in vita e in morte, ed è riposto il corpo suo a Murro. Il sopraddetto frate Bentivoglia, dimorando una volta a Trave Bonanti solo, a guardare e a servire un lebbroso, essendogli in comandamento del Prelato di partirsi indi e andare ad un altro luogo il quale era di lungi quindici miglia, non volendo abbandonare quello lebbroso, con grande fervore di caritade sì lo prese e puoselosi in sulla spalla, e portollo dalla aurora insino al levare del sole tutta quella via di quindici miglia, insino al detto luogo dov’elli era mandato, che si chiamava Monte Sancino: il quale viaggio, se fosse istato aquila, non avrebbe potuto in così poco tempo volare: e di questo divino Miracolo fu grande istupore e ammirazione in tutto quello paese. Un altro fu frate Pietro da Monticello, il quale fu veduto da frate Servodio d’Urbino, (allora essendo Guardiano nel luogo vecchio di Ancona) levato da terra corporalmente cinque ovvero sei braccia, insino appiè del Crocifisso della chiesa, dinanzi al quale stava in orazione. E questo frate Pietro, digiunando una volta la Quaresima di san Michele Arcangelo con grande divozione, e l’ultimo dì di quella Quaresima istandosi in chiesa in orazione, fu udito da uno frate giovane (il quale istudiosamente istava nascosto sotto l’altare maggiore, per vedere qualche atto della sua santità) parlare con san Michele Arcangelo; e le parole che diceano, erano queste: Dicea san Michele: frate Pietro, tu ti se affaticato fedelmente per me, e in molti modi hai afflitto il tuo corpo: ecco io sono venuto a consolarti, e acciocchè tu domandi qualunque grazia tu vuogli, e io te la voglio impetrare da Dio. Rispondea frate Pietro: Santissimo Principe della milizia celestiale, e fedelissimo zelatore dello amore divino, pietoso protettore delle anime, io ti addomando questa grazia; che tu m’impetri da Dio la perdonanza delli miei peccati. Rispuose san Michele: Chiedi altra grazia, che questa t’accatterò io agevo-