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Simone ricevendo il detto giovane all’Ordine, si serbò li suoi vestimenti secolari appo sè, ed esso istava con Frate Simone per essere informato da lui nelle osservanze regolari. Di che il demonio, il quale s’ingegnava di storpiare ogni bene, gli mise addosso sì forte stimolo e sì ardente tentazione di carne, che per nessuno modo costui potea resistere. Per la qual cosa egli se ne andò a Frate Simone e dissegli: Rendimi li miei panni ch’io ci recai del secolo imperò ch’io non posso più sostenere la tentazione carnale. E Frate Simone, avendogli grande compassione, gli dicea: Siedi qui, figliuolo, un poco con meco. E cominciava a parlargli di Dio, permodo ch’ogni tentazione sì si partia, e poi a tempo ritornando la tentazione, ed egli richiedea li panni, e Frate Simone la cacciava con parlare di Dio. E fatto così più volte, finalmente una notte l’assalì sì forte la detta tentazione più ch’ella non solea, che per cosa del mondo non potendo resistere, andò a Frate Simone raddomandandogli al tutto li panni suoi secolari, che per nessuno partito egli ci potea più stare. Allora Frate Simone, secondo ch’egli avea usato di fare, li fece sedere allato a sè; e parlandogli di Dio, il giovane inchinò il capo in grembo a Frate Simone per malinconia e per tristizia. Allora Frate Simone, per grande compassione che gli aveva, levò gli occhi in cielo e pregando Iddio divotissimamente per lui, fu ratto e esaudito da Dio; onde ritornando egli in sè, il giovane si sentì al tutto liberato di quella tentazione, come se mai non l’avesse punto sentita: anzi essendosi mutato l’ardore della tentazione in ardore di Spirito Santo, perocchè s’era accostato al carbone affocato, cioè a Frate Simone, tutto diventò infiammato di Dio e del prossimo, intanto ch’essendo preso una volta uno malfattore, a cui doveano essere tratti amenduni gli occhi, costui, per compassione se ne andò arditamente al rettore in pieno Consiglio, e con molte lagrime e prieghi divoti addomandò che a sè fusse tratto un