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votissimamente, Cristo benedetto gli apparve, e tutta l’anima sua gli riscaldò del divino amore, e disse: Bene facesti, figliuolo, che credesti a frate Francesco, perocchè colui, che ti avea contristato era il Demomonio: ma io sono Cristo tuo Maestro; e per rendertene ben certo, io ti̟ do questo segnale: Mentre che tu viverai, non sentirai mai tristizia veruna, nė malinconia. E detto questo, si partì Cristo, lasciandolo con tanta allegrezza e dolcezza di spirito, e elevazione di mente, che il dì e la notte era assorto e ratto in Dio. E d’allora innanzi fu sì confermato in grazia e in sicurtade della sua salute, che tutto diventò mutato in altro uomo; e sarebbesi stato il dì e la notte in orazione a contemplare le cose divine, se altri l’avesse lasciato stare. Onde dicea san Francesco di lui: che frate Ruffino era in questa vita canonizzato da Cristo: e che, fuori che dinanzi da lui, egli non dubiterebbe di dire Santo Ruffino, benchè fosse ancora vivo in terra.

CAPITOLO XXX.

Della bella predica, che fece in Assisi san Francesco e Frate Ruffino.

Era il detto frate Ruffino, per la continua contemplazione, sì assorto in Dio, che quasi insensibile e mutolo divenuto, radissime volte parlava; e appresso non avea la grazia, nè lo ardire, nè la facondia del predicare e nientedimeno san Francesco una volta gli comandò che egli andasse a Scesi, e predicasse al popolo ciò che Iddio gli spirasse. Di che frate Ruffino rispose: Padre reverendo, io ti priego, che tu mi perdoni e non mi mandi; imperocchè, come tu sai, io non ho la grazia del predicare, e sono semplice e idiota. E allora disse san Francesco: Perocchè tu non hai obbedito prestamente, ti comando per santa obbedienza, che colle sole brache tu vada a Scesi, ed