di Cristo, e’ dimostrossi in frate Bernardo da Quintavalle, il quale poichè ebbe preso l’abito di san Francesco, era ratto spessissime volte in Dio, per contemplazione delle cose celestiali. Fra l’altre avvenne una volta, essendo egli in chiesa ad udire la messa, e stando con tutta la mente sospeso in Dio, diventò si assorto e ratto in Dio, che levandosi il Corpo di Cristo, non se ne avvide niente, nè s’inginocchio, nè si trasse il cappuccio, come faceano gli altri; ma senza battere gli occhi, guatando fiso stette dalla mattina insino a nona, insensibile; e dopo nona ritornando in sè, andava per lo luogo gridando con voce ammirativa: O Frati o Frati! o Frati! non è uomo in questa contrada sì grande, nè sì nobile, al quale se gli fosse promesso uno palagio bellissimo pieno d’oro, non gli fosse agevole di portare uno sacco pieno di letame, per guadagnare quello tesoro così nobile. A questo tesoro celestiale, promesso agli amadori di Dio, fu frate Bernardo predetto sì elevato colla mente, che per quindici anni continui sempre andò colla mente, e colla faccia levata in cielo: e in quel tempo mai non si tolse fame alla mensa, benchè mangiasse di ciò che gli era posto innanzi, un poco: imperocchè dicea, che di quello che l’uomo non gusta, non fa perfetta astinenza, ma la vera astinenza, è temperarsi dalle cose, che sanno buono alla bocca, e con questo, venne ancora a tanta chiaritade e lume d’intelligenza, che eziandio li grandi cherici ricorrevano a lui per soluzioni di fortissime quistioni, e di malagevoli passi della Scrittura; ed egli d’ogni difficoltà gli dichiarava. E imperocchè la mente sua era al tutto sciolta e astratta dalle cose terrene, egli a modo di rondine, volava molto in alto per contemplazione: onde alcuna volta venti dì, alcuna volta trenta dì, si stava solo in sulle cime de’ monti altissimi, contemplando le cose celestiali. Per la qual cosa dicea di lui frate Egidio, che non era dato agli altri uomini questo dono, che era dato a frate Bernardo da Quintavalle; cioè, che