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di s. francesco 197


Roma in su uno alto monte, dov’era già istato anticamente un Castello, e trovovvi una chiesa derelitta, che si chiamava san Lorenzo, e ivi entrò egli e ’l compagno, e stavansi in orazione e in molte meditazioni; non erano conosciuti, e però poca riverenza e divozione era a loro avuta; il perchè sosteneano grande penuria e per aggiunta venne una grande neve, e durò più di. Costoro non potevano uscire di chiesa, e a loro non era mandato niuna cosa da vivere, e da loro non ne aveano, e stettono così rinchiusi tre dì naturali. Vedendo frate Egidio, che della sua fatica non potea vivere, e per la limosina non si poteva andare, disse al compagno: Fratello mio carissimo, chiamiamo il nostro signore ad alta voce, che per la sua pietade ci provvegga in tanta estremitade e necessitade; perocchè alquanti Monaci essendo in grande necessitade, chiamarono a Dio; così la divina provvidenza gli provvide nelli loro bisogni; e ad esemplo di costoro si puosono in orazione, pregando Iddio con tutto l’affetto, che che a tanta necessitade ponesse rimedio. Iddio ch’è somma pietà, riguardò la fede e la devozione e la semplicità, e ’l fervore di cotestoro in questo modo. Uno uomo riguardando inverso la chiesa dov’era frate Egidio e ’l compagno, ispirato da Dio disse in fra sè: Forse che in quella chiesa è qualche buona persona a fare penitenza, e per lo tempo della neve tanto moltiplicata, non hanno il bisogno loro, e conseguentemente potrebbero morire di fame. E sospinto dallo Spirito Santo, disse: Per certo che io voglio andare a sapere, se la mia immaginazione è vera, o no; e tolse alquanti pani e un vaso di vino, e mettesi in via; e con grandissima difficoltà pervenne alla predetta chiesa, dove trovò frate Egidio col compagno divotissimamente istare in orazione; ed erano per la fame tanto distrutti, che nella apparenza mostravano piuttosto uomini morti, che vivi. Ebbe a loro grande compassione, e refrigerati e confortati, ritornò; e disse a’ vicini suoi la stremitade e necessitade di questi frati,