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di s. francesco 191


con grandissimo fervore hanno tutto il tempo della vita loro promesso d’osservare, e così fecero con ogni perfezione. Dopo otto dì della sopraddetta conversione e distribuzione, ed essendo ancora frate Egidio in abito secolare, vedendo il dispregiamento di così nobili Cavalieri d’Assisi, che tutta la terra ne era in ammirazione; tutto acceso dal divino amore, il seguente dì che era la festa di san Giorgio, gli anni Domini mille dugento nove, molto per tempo come sollecito di sua salute, andò alla chiesa di san Gregorio dove era il Monasterio di Santa Chiara; e fatta la sua orazione, avendo grande desiderio di vedere san Francesco, andò inverso lo spedale de’ lebbrosi dove egli con frate Bernardo frate Pietro Cattani abitava, sequestrato in uno tugurio di somma umiltade. Ed essendo giunto in un crocicchio di vie, e non sapendo dove s’andare, premise la orazione a Cristo prezioso guidatore, il quale lo menò al detto tugurio per via diritta. E cogitando di questo perchè egli era venuto, san Francesco s’iscontrò in lui, il quale venia dalla selva, nella quale era andato a orare: di che subito si gittò in terra dinanzi a san Francesco ginocchioni, e umilmente il domandò ch’egli il dovesse ricevere alla sua compagnia, per lo amore di Dio. Ragguardando san Francesco l’aspetto divoto di frate Egidio, rispose e disse: Carissimo fratello, Iddio t’ha fatta grandissima grazia. Se lo imperadore venisse ad Assisi, e volesse fare alcuno cittadino suo Cavaliere, o cameriere segreto, ora non si dovrebbe egli molto rallegrare? Quanto maggiormente tu debbi avere gaudio, che Iddio t’ha eletto per suo Cavaliere e dilettissimo servidore, ad osservare la perfezione del Santo Evangelio? e però sta’ fermo e costante nella vocazione, in che Iddio ti ha chiamato. E pigliollo per mano, e levollo su, e introdusselo nella memorata casetta; e chiama frate Bernardo; e dice: Domeneddio ci ha mandato uno buono frate di che tutti ne siamo rallegrati nel Signore: mangiamo in caritade. E mangiato che ebbero,