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fatto quasi un fardello dell’abito suo, e entrò così ignudo in Viterbo, e vassene in sulla piazza pubblica per sua derisione. Essendo costui quivi, li fanciulli e’ giovani, riputandolo fuori del senso, gli fecero molta villania, gittandogli molto fango addosso, e percuotendolo colle pietre, sospingendolo di qua e di là, con parole di dirisione molto; e così afflitto e schernito. istette per grande ispazio del dì; poi se n’andò al convento. E vedendolo i frati, ebbero grande turbazione di lui. E massimamente, perchè per tutta la cittade era venuto col suo fardello in capo, ripresonlo molto duramente, facendogli grandi minaccie. E l’uno dicea: Mettiamolo in carcere: l’altro dicea: Impicchiamolo; e gli altri diceano: Non se ne potrebbe fare troppo grande giustizia di tanto malo esemplo, quanto costui ha dato oggi di sè e di tutto l’ordine. E frate Ginepro tutto lieto, con ogni umiltade rispondeva: Bene dite vero, perocchè di tutte queste pene sono degno, e di molte più.

IX. Come frate Ginepro, per vilificarsi, fece al
giuoco dell’altalena.

Andando una volta frate Ginepro a Roma, dove l’a fama della sua santità era già divulgata, molti Romani per grande divozione gli andarono incontro; e frate Ginepro, vedendo tanta gente venire, immaginossi, di fare venire la loro divozione in favola e in truffa. Erano ivi due fanciulli, che facevano all’altalena, cioè che avevano attraversato un legno sopra un altro legno, e ciascheduno stava dal suo capo, e andavano in su e in giù. Va frate Ginepro, e rimuove uno di questi fanciulli dal legno e montavi suso e comincia ad altalenare. Intanto giugne la gente, e maravigliavansi dell’altalenare di frate Ginepro: nondimeno con grande divozione lo salutarono e aspettavano che fornisse il giuoco dell’altalena per accompagnarlo poi onorevolmente insino al convento. E frate Ginepro di loro sa-