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di s. francesco | 183 |
VII. Esemplo, contro alle tentazioni della carne.
Essendo una volta ragunato frate Egidio, e frate Simone d’Assisi, e frate Ruffino, e frate Ginepro a parlare di Dio e della salute dell’anima, disse agli altri Frati Egidio: Come fate voi colle tentazioni del peccato carnale? Disse frate Simone: Io considero la viltà e la turpitudine del peccato, e di questo mi seguita una abbominazione grande, e così scampo. Dice frate Ruffino: Io mi getto in terra isteso, e tanto istò in orazione pregando la clemenza di Dio, e la Madre di Gesù Cristo, che mi sento al tutto liberato. Risponde frate Ginepro Quando io sento lo strepito della diabolica suggestione carnale, subito corro e serro l’uscio del mio cuore, e per sicurtà della fortezza del cuore, mi occupo in sante meditazioni e santi desiderii: sicchè, quando viene la suggestione carnale o picchia all’uscio del cuore, io quasi dentro rispondo: Di fuori, perocchè l’albergo è già preso, e qua entro non può entrare più gente; e così non permetto mai entrare dentro del mio cuore pensiero; di che vedendosi vinto, come isconfitto si parte non tanto da me, ma da tutta la contrada. Risponde frate Egidio, e dice: Frate Ginepro, io tengo teco, perocchè col nemico della carne non si può combattere più che fuggire; perocchè dentro il traditore appetito carnale, di fuori per li sensi del corpo, tanto e sì forte nemico si fa sentire, che non fuggendo non si puote vincere. E però chi altrimenti vuole combattere, alla fatica della battaglia rade volte ha vittoria. Fuggi adunque il vizio, e sarai vittorioso.
VIII. Come frate Ginepro vilifica se medesimo
a laude di Dio.
Una volta frate Ginepro, volendosi bene vilificare, si spogliò colle sole brache, e posesi li panni in capo,