caritade. E di subito con sospetto si leva da mensa, e vanne in chiesa, e guarda se lo ornamento dello altare è rimosso, o levato nulla; e vede del fregio tagliate e ispiccate le campanelle: di che e’ fu senza alcuna misura turbato e iscandalizzato. Frate Ginepro vede costui così ansiato, e dice: Non ti turbare di quelle campanelle, perocch’io l’ho date a una povera donna, che n’avea grandissimo bisogna, e quivi non faceano utile a nulla, se non che erano una cotale pomposità mondana e vana. Udito questo il Sagrestano, di subito corse per la chiesa e per tutta la Città afflitto, se per ventura la potesse ritrovare: ma non tanto ritrovò lei, ma non trovò persona che l’avesse veduta. Ritornò al luogo, e in furia levò il fregio e portollo al Generale, che era ad Assisi, e dice: Padre Generale, io vi addimando giustizia di frate Ginepro, il quale m’ha guastato questo fregio, il quale era il più orrevole che fusse in sagrestia; ora vedete come lo ha disconcio, e spiccatone tutte le campanelle dello ariento, e dice: ch’egli l’ha date ad una povera donna. Rispuose il Generale: Questo non ha fatto frate Ginepro, anzi l’ha fatto la tua pazzia; perocchè tu debbi pure oggimai conoscere le sue condizioni; e dicoti ch’io mi maraviglio, come non ha dato tutto l’avanzo; ma nondimeno io sì lo correggerò bene di questo fallo. E convocati tutti li frati insieme in capitolo, fece chiamare frate Ginepro e presente tutto il convento, lo riprese molto aspramente delle sopraddette campanelle; e tanto crebbe in furore, innalzando la voce, che diventò quasi fioco. Frate Ginepro di quelle parole poco si curò e quasi nulla, perocchè delle ingiurie si dilettava, quando egli era bene avvilito; ma per compensazione della infiocagione del Generale, cominciò a cogitare del rimedio. E ricevuta la rincappellazione dal Generale, va frate Ginepro alla cittade e ordina e fa fare una buona iscodella di farinata col butirro; e passato uno buono pezzo di notte, va e ritorna, e accende una candela, e vassene con