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ch’io ti possa dare, se non la tonica; ed ho dal mio Prelato per la obbedienza, che io non la possa dare a persona, nè parte dello abito: ma se tu me la cavi di dosso, io non ti contraddico. Non disse a sordo; chè di subito cotesto povero gli cavò la tonica a rovescio e vassene con essa, lasciando frate Ginepro ignudo. E tornando al luogo, fu addomandato dove era la tonica; risponde: Una buona persona la mi cavò di dosso, e andossene con essa. E crescendo in lui la virtù della pietà, non era contento di dare la sua tonica, ma dava e’ libri, paramenti e mantella, e ciò che gli venia alle mani dava ai poveri. E per questa cagione li Frati non lasciavano le cose in pubblico, perocchè frate Ginepro dava ogni cosa per l’amore di Dio, e a sua laude.
V. Come frate Ginepro spiccò certe campanelle dello altare,
e si le diè per lo amore di Dio.
Essendo una volta frate Ginepro a Scesi per la Natività di Cristo allo altare del convento in alte meditazioni, il quale altare era molto bene parato e ornato; a’ prieghi del Sagrestano, rimase a guardia del detto altare frate Ginepro, insino che ’l Sagrestano andasse a mangiare. E istando in divota meditazione, una poverella donna li chiese la limosina per amore di Dio. A cui frate Ginepro rispose così: Aspetta un poco, e io vedrò se di questo altare così ornato ti possa dare alcuna cosa. Era a questo altare uno fregio d’oro molto ornato e signorile, con campanelle d’ariento di grande valuta. Dice frate Ginepro: Queste campanelle ci sono di superchio; e piglia uno coltello, e tutte ne le spicca dal fregio, e dalle a questa donna poverella per pietade. Il Sagrestano, mangiato che ebbe tre o quattro bocconi, si ricordò de’ modi di frate Ginepro, e cominciò forte a dubitare, che dello altare così ornato, il quale egli avea lasciato in guardia a frate Ginepro, egli non gliene facesse scandalo per zelo di