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di subito è stato dato la sentenza, e menato a morte: venite almeno che egli possa rimettere l’anima nelle vostre mani, che a me pare una brava persona, non ha avuto spazio di potersi confessare; ed è menato alle forche, e non pare che la morte curi, nè di salute della sua anima: deh piacciavi di venire tosto. Il Guardiano ch’era uomo pietoso, va di subito per sovvenire alla salute sua; e giugnendo, era già tanto moltiplicata la gente a vedere questa giustizia, che non poteva avere l’entrata; e costui istava e osservava il tempo, e così osservando udiva una voce infra la gente che dicea: Non fate, non fate cattivelli, che voi mi fate male alle gambe. A questa voce pigliò sospetto il Guardiano, che non fosse frate Ginepro; ed in fervore di spirito si gitta tra costoro, e rimuove la fascia dalla faccia di costui, e allora conobbe veramente ch’egli era frate Ginepro; e però volle il Guardiano per compassione cavarsi la cappa, e rivestire frate Ginepro. Ed egli con lieta faccia, quasi ridendo, disse: O Guardiano, tu se’ grasso, e parrebbe troppo male di vedere la tua nudità: io non voglio. Allora il Guardiano con grande pianto priega questi esattori e tutto il popolo, che debbero per pietade aspettare un poco, tanto che egli vada a pregare il Tiranno per frate Ginepro, se di lui gli volesse fare grazia. Acconsentito gli esattori e certi istanti, credendo veramente che e’ fusse di suo parentado; va il divoto e pietoso Guardiano a Niccolaio Tiranno con amaro pianto, e dice: Signore, io sono in tanta ammirazione e amaritudine, che con lingua io non lo potrei contare; imperocchè mi pare che in questa terra sia oggi commesso il maggiore peccato, e ’l maggior male, che mai fosse fatto a’ dì de’ nostri antichi e credo, sia stato fatto per ignoranza. Niccolaio ode il Guardiano con pazienza, e domanda il Guardiano: Quale è il grande difetto e male, che è oggi stato commesso in questa terra? Risponde il Guardiano: Signor mio, che uno de’ più santi Frati che sia oggi all’Ordine di san Francesco, di cui siete divoto