dimandai, si era similmente, ch’io sentissi nel cuore mio quello eccessivo amore, del quale egli s’accendea a sostenere tanta passione per noi peccatori. E allora Iddio mi mise nel cuore, che mi concederebbe di sentire l’uno e l’altro, quanto fusse possibile a pura creatura: la quale cosa bene mi fu adempiuta nell’impressione delle stimate. Allora frate Giovanni il domanda; se quelle parole segrete le quali gli avea dette il Serafino, erano istate in quello modo, che recitava quello santo Frate detto di sopra: lo quale affermava, che le avea udite da san Francesco in presenza d’otto Frati. Rispuose san Francesco, che così era il vero, come quello Frate avea detto. Allora frate Giovanni prende sicurtà di domandare, per la liberalità del con— ceditore, e dice così: O Padre, io ti priego istantissimamente, che tu mi lasci vedere e baciare le tue sacre sante gloriose Istimate, non perchè io ne dubiti niente, ma solo per mia consolazione: imperocchè io ho questo sempre desiderato. E san Francesco liberamente mostrandogliele e porgendogliele, frate Giovanni chiaramente le vide e toccò e baciò. E finalmente il domandò: Padre, quanta consolazione ebbe l’anima vostra, veggendo Cristo benedetto venire a voi, a donarvili segnali della sua santissima Passione? ora volesse Iddio, che io ne sentissi un poco di quella suavitade! Risponde allora san Francesco: Vedi tu questi chiovi? dice frate Giovanni: Padre sì. Tocca un’altra volta, dice san Francesco, questo chiovo ch’è nella mia mano. Allor frate Giovanni con grande riverenza e timore, tocca quello chiovo, e subitamente in quel toccare, tanto odore n’uscì, come una vergola di fummo, a modo che d’incenzo, ed entrando per lo naso di frate Giovanni, di tanta soavità empiè l’anima sua e il corpo, che immantenente egli fu ratto in Dio in estasi e divenuto insensibile; e così ratto istette da quella, ora che era l’ora di terza, insino a vespro. E questa visione e dimestico parlare con san Francesco frate Giovanni. non disse mai ad altri, che al confessore suo, se non