Pagina:I Fioretti di San Francesco, A. Cesari, 1860.djvu/169


di san francesco 165


allora mi disse Cristo: sai tu quello ch’io t’ho fatto? io t’ho dato i segnali della mia passione, acciocchè tu sia mio gonfaloniere. E come io il dì della morte mia discesi al Limbo, e tutte l’anime le quali io vi trovai, in virtù delle mie Istimate ne trassi, e menaile a Paradiso; così concedo a te insino a ora, acciocchè tu mi sia conforme così nella morte, come mi se’ stato nella vita, che tu poichè sarai passato di questa vita, ogni anno il dì della tua morte vada al Purgatorio, e tutte le anime degli tuoi tre Ordini, cioè Minori, Suore, e Continenti, e oltre a questo, quelle de’ tuoi divoti le quali tu vi troverai, ne tragghi in virtù delle tue Istimate le quali io t’ho date, e menile a Paradiso. E queste parole io non dissi mai, mentre che io vissi nel mondo. E dette queste parole, san Francesco e il compagno subito isparirono. Molti frati poi udirono questo da quelli otto frati, che furono presenti a questa visione e parole di san Francesco.

Come san Francesco essendo morto apparve a frate
Giovanni della Vernia, stando in orazione.

In sul Monte della Vernia apparve una volta san Francesco a frate Giovanni della Vernia, uomo di grande santitade, stando egli in orazione, e istette e parlò con lui per grandissimo spazio; e finalmente volendosi partire, disse così: Domandami ciò che tu vuogli. Disse frate Giovanni; Padre, io ti priego, che tu mi dichi quello che io ho lungo tempo desiderato di sapere, cioè quello che voi facevate, e ove voi eravate, quando v’apparve il Serafino. Risponde san Francesco: Io orava in quello luogo, dov’è ora la Cappella del Conte Simone da Battifolle, e chiedeva due grazie al mio Signore Gesù Cristo. La prima era, che mi concedesse in vita mia, che io sentissi nell’anima mia e nel corpo mio quanto fusse possibile, tutto quel dolore, il quale egli avea sentito in sè medesimo al tempo della sua acerbissima passione. La seconda grazia ch’io gli ad-