cura dell’Ordine, quanto alla esecuzione del generalato; benchè l’ufficio del generalato non renunziasse, perocchè non potea, dappoichè fatto era Generale dal Papa, e però e’ non potea lasciare l’ufficio, nè sostituire successore senza espressa licenza del Papa: ma istituì suo Vicario frate Pietro Cattani, raccomandando a lui ed alli Ministri Provinciali l’Ordine affettuosamente, quanto egli potea più. E fatto questo, san Francesco confortato in ispirito, levando gli occhi e lè mani al Cielo, disse così: A te, Signore Iddio mio, a te raccomando la tua famiglia, la quale insino a ora tu mi hai commessa, e ora per le infermitadi mie, le quali tu sai, dolcissimo Signor mio, io non ne posso più aver cura. Anche la raccomando a’ Ministri Provinciali: sieno tenuti eglino a rendertene ragione il dì del giudicio, se veruno frate, per loro negligenza, per loro malo esemplo, o per loro troppo aspra correzione perirà. Ed in queste parole, come a Dio piacque, tutti li frati del Capitolo intesero che parlasse delle sacre sante Istimate, in quel ch ’ egli si iscusava per infermitade; e per divozione nessuno di loro innanzi non si potè tenere di non piagnere. E d’allora innanzi lasciò tutta la cura e ’ l reggimento dell’Ordine nella mano del suo Vicario, e delli Ministri Provinciali; e dicea: Ora dappoich’io ho lasciata la cura dell’Ordine per le mie infermità, io non sono tenuto oggimai, se non a pregare Iddio per la nostra Religione, e di dare buono esemplo alli Frati. E ben so di veritade, che se la infermità mi lasciasse, il maggiore aiuto ch’io potessi fare alla Religione, sarebbe di pregare continuamente Iddio per lei, che egli la difenda e governi e conservi. Ora, come detto è di sopra, avvegnachè san Francesco s’ingegnasse quanto potea di nascondere le sacre sante Istimate, e- dappoichè le ebbe ricevute, andasse sempre, o stesse colle mani fasciate e co ’ piedi calzati, non potè però fare che molti frati in diversi modi non le vedessero e toccassero, e quella spezialmente del costato, la quale egli