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l’Angelo si partì. Viene il dì seguente, cioè il dì della Santissima Croce; e san Francesco la mattina per tempo innanzi dì, si gitta in orazione dinanzi all’uscio della sua cella, e volgendo la faccia inverso l’Oriente, ôra in questa forma: O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti priego che mi facci, innanzi che io muoia, la prima, che in vita mia io senta nella anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore, che tu, dolce Signore, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione; la seconda si è, ch’io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quello eccessivo amore, del quale tu, Figliuolo di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori. E stando lungamente in cotesto priego, sì intese che Dio lo esaudirebbe e che, quanto e’ fosse possibile a pura creatura, tanto gli sarebbe conceduto di sentire le predette cose. Avendo san Francesco questa promessa, cominciò a contemplare divotissimamente la passione di Cristo, e la sua infinita carità: e cresceva tanto in lui il fervore della divozione, che tutto si trasformava in Gesù per amore e per compassione. E istando così infiammandosi in questa contemplazione, in quella medesima mattina e’ vide venire dal Cielo uno Serafino con sei ali risplendenti e affocate; il quale Serafino con veloce volare appressandosi a san Francesco, sicchè egli potea discernere, e conobbe chiaramente, che avea in se l’immagine d’uomo crocifisso e le sue ali erano così disposte, che due ali si distendeano sopra il capo, due se ne distendeano a volare e l’altre due copriano tutto il corpo. Veggendo questo san Francesco, fu fortemente ispaventato, e insieme fu pieno d’allegrezza e di dolore con ammirazione. Avea grandissima allegrezza del grazioso aspetto di Cristo, il quale gli apparia così dimesticamente, e guatavalo così graziosamente: ma dall’altra parte, veggendolo crocifisso in croce, avea ismisurato dolore di compassione. Appresso, si maravigliava molto di così istupenda e disusata visione, sappiendo bene, che la infermità della