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egli intende di fare la Quaresima di san Michele in quello luogo solitario; e però li priega, che eglino vi facciano una celluzza, sicchè per nessuno suo gridare e’ potesse essere udito da loro. E fatta che fu la celluzza di san Francesco, dice a loro: Andatene al luogo vostro, e me lasciate qui solitario, perocchè con l’aiuto di Dio, intendo di fare qui questa Quaresima, senza istropiccio, o perturbazione di mente, e però nessuno di voi venga a me, nè nessuno secolare non lasciate venire a me. Ma tu frate Lione solamente, una sola volta il dì, verrai a me con un poco di pane e d’acqua, e la notte un’altra volta nell’ora del mattutino; e allora verrai a me con silenzio: e quando sei in capo del ponte, e tu mi dirai: Domine, labia mea aperies; e se io ti rispondo, vieni e passa alla cella, e diremo insieme il Mattutino; e se io non ti rispondo, partiti immantinente. E questo dicea san Francesco, perocchè alcuna volta era si ratto in Dio, che non udiva, nè sentiva niente con sentimenti del corpo. E detto questo, san Francesco diede loro la benedizione; ed eglino si ritornarono al luogo. Vegnendo adunque la festa dell’Assunzione, san Francesco cominciò adunque la santa Queresima, con grandissima astinenza ed asprezza, macerando il corpo, e confortando lo spirito con ferventi orazioni; vigilie e discipline, ed in queste orazioni sempre crescendo di virtù in virtude, disponea l’anima sua a ricevere li divini misteri, e li divini isplendori, e ’l corpo a sostenere le battaglie crudeli delli Demoni, con i quali ispesse volte combattea sensibilmente; e fra le altre fu una volta in quella Quaresima, che uscendo un dì san Francesco della cella in fervore di spirito, e andando ivi assai appresso a stare in orazione in una tomba di uno sasso cavato, dalla quale insino giù a terra è una grandissima altezza, e orribile e pauroso precipizio; subitamente viene il Demonio con tempesta, e con rovinio grandissimo in forma terribile, e percuotelo per sospignerlo quindi giuso. Di che san Francesco, non avendo dove fug-