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tutto. E non potendo in quello fervore contenersi, per la abbondanza della divina grazia, gridava ad alta voce, e tanto istette in questo modo, che fu ora di dire la messa; onde egli s’andò a parare allo altare. E cominciando la messa, quanto più procedea oltre, tanto più gli cresceva l’amore di Cristo, e quello fervore della divozione, colla quale e’ gli era dato uno sentimento di Dio ineffabile, il quale egli medesimo non sapea, nè potea poi esprimere colla lingua. Di che temendo egli che quello fervore e sentimento di Dio noņ crescesse tanto, che gli convenisse lasciare la messa, fu in grande perplessitade, e non sapea che parte si prendere, o di procedere oltre nella messa, o di stare a aspettare. Ma imperocchè altra volta gli era addivenuto simile caso, e ’l Signore avea sì temperato quello fervore, che non gli era convenuto lasciare la messa; e fidandosi di potere cosi fare questa volta, con grande timore si mise a procedere oltre nella messa, pervenendo insino al Prefazio della nostra Donna, gli cominciò tanto a crescere la divina illuminazione e la graziosa suavitade dello amore di Dio, che vegnendo al Qui pridie, appena potea sostenere tanta suavitade e dolcezza. Finalmente giugnendo allo atto della consecrazione, e detto la metà delle parole sopra l’ostia, cioè Hoc est, per nessun modo potea procedere più oltre, ma pure ripetea queste medesime parole, cioè Hoc est enim. E la cagione perchè non potea procedere più oltre, si era, che sentia e vedea la presenza di Cristo con moltitudine d’Angeli, la cui maestade egli non potea sofferire: e vedea che Cristo non entrava nell’ostia, ovvero che l’ostia si transusṭanziava nel corpo di Cristo, se egli non profferiva l’altra metà delle parole, cioè corpus meum. Di che stando egli in questa ansietade, e non procedendo più oltre, il Guardiano e gli altri frati, e eziandio molti secolari che erano in chiesa ad udire la messa, s’appressarono allo altare; e stavano ispaventati a vedere e a considerare gli attį