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— Ebbene?

— Volete sposare mia sorella?

— Non lo posso!

— Allora vi batterete con me.

— Volentieri... avete armi con voi?

— Ecco due pistole.

— Andiamo!

Il conte scese da cavallo e volgendo l’animale verso Mosca, gli dette un forte colpo di frustino, esclamando:

— Va ad annunciare la mia morte! e volgendosi a Ivan: poichè credo, signore, che ci batteremo a morte.

— A dieci passi.

— A tre, se volete.

— Signor conte, voi non avete testimoni.

— Inutile; mi fido di voi; perchè se qui si conoscesse questa faccenda, voi correreste il rischio di viaggiare per la Siberia. Entriamo in questo boschetto.

Il servo di Ivan aveva caricato le armi, il conte ne tolse una a caso ed offrì l’altra all’avversario che si collocò a tre passi dal conte. Due colpi partirono insieme e due corpi caddero uno accanto all’altro.

Il conte aveva avuto i fianchi passati da una parte all’altra; il tenente Ivan Savatchernick aveva ricevuto la palla nel petto: Ambedue morirono alcuni giorni dopo.

L’ultimo pensiero del conte fu per Elisabetta e pel suo figliuolo; e la contessa sopraffatta, dilaniata dal rimorso, promise di esaudire il desiderio del figlio morente.


(Giugno 1839). H. de T** e il tenente P.... — Sulla fede di Colombey, rilevo che un certo H. de T**, che sedette alla Costituente e alla Legislativa nella qualità di rappresentante delle Côtes-du-Nord, era sortito dalla scuola di Saint-Cyr per entrare nella vita civile, borghese, della seducente e gaia Parigi.

Nel maggio del 1839, il 53.° reggimento di fanteria venne