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riuscito a provocare un bordolese e a ucciderlo in duello, dichiarò al marchese che non voleva restare a lui inferiore, e che, perciò, quanto prima avrebbe fatto parlare rumorosamente di sè.

A tale scopo la sera stessa Claveau, accompagnato da un amico, si recò al gran teatro di Bordeaux e durante un intermezzo, andò ad occupare una poltrona vuota vicina alla vittima da lui prescelta.

Al momento di alzare il sipario, e mentre il più religioso silenzio s’era fatto nel teatro, Claveau tirò di tasca un mazzo di carte, le mischiò, pregò l’amico di alzarle e con lui si pose a giuocare una partita a briscola.

Ad un tratto:

— Ho il re; grida Claveau.

— Silenzio, esclamava la vittima prescelta dallo spadacino.

— Vi ripeto che ho il re, urla Claveau, minacciando l’interlocutore.

— Ed io vi ripeto di far silenzio e che siete un male educato.

La frase non era per anco terminata, che Claveau percoteva in viso lo sconosciuto, mentre il pubblico si sfiatava a gridare:

— Alla porta! alla porta!

Il marchese di Lignano corse a stringer la mano all’amico Claveau, che all’indomani con un colpo di pistola uccideva lo schiaffeggiato.


Pare di sognare pensando come nel nostro secolo si potessero impunemente consumare simili ribalderie, senza che la giustizia intervenisse a difesa degli onesti contro spadaccini dello stampo Claveau-Lignano. Si direbbe che il governo restauratore trovasse legittime queste empietà.

Infatti, Lignano non disturbato per le precedenti uccisioni, compiute sotto la forma cavalleresca, il giorno succes-