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Ricevuti cortesemente dal Dembowsky, i quattro ufficiali proposero al figlio del generale napoleonico di chiedere loro scusa, o quanto meno di rilasciare una dichiarazione scritta, nella quale il Dembowsky affermasse il contrario di quanto aveva riconfermato la sera innanzi al De Pertzell. Ma il Dembowski, educato alla scuola di Matilde Viscontini, con disprezzo rispose loro:

— Mi meraviglio che quattro ufficiali, che si ritengono gentiluomini, possano proporre una simile infamia al figlio del barone Dembowsky. Percuotendo il signor conte Grisoni sapevo di percuotere ufficiali austriaci e se tra questi ve n’è uno, che delle mie percosse si ritiene offeso, sappia che sono qui pronto a dargliene soddisfazione con le armi.

Il duello fu stabilito subito; ma avendo il Dembowsky proposto la spada, gli ufficiali austriaci, che sapevanlo fortissimo in quest’arma, la rifiutarono e imposero la sciabola, ch’era l’arma loro, opinando che il Dembowski ne ignorasse il maneggio.

Nel verbale di scontro non si tenne parola di esclusione dei colpi di punta, nè altre convenzioni speciali furono pattuite.


Stabilito il duello alla sciabola i quattro ufficiali austriaci concessero (bontà loro!) al Dembowski, alcune ore di tempo per mettere in ordine le sue faccende e per.... provvedersi di un medico e di padrini.

Trascorse le poche ore concesse, l’ingegnere Dembowsky, in una carrozza di casa Resta, partiva alla volta di Gorla in compagnia del nobile Giovanni Resta e de’ suoi padrini, conte Antonio Belgiojoso e Massimiliano Majnoni. Il Belgiojoso, che abitava sulla piazza omonima, nel palazzo avito, era cognato di