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Un giovane letterato di nome Signol, aveva tentato con discreta fortuna la scena alla Porte-Saint-Martin. Però aveva un carattere, un pochetto urtante; ma in fondo era un buon diavolaccio.

Una sera, entrando al Teatro italiano tra un atto e l’altro, scorse una poltrona vuota e vi si accomodò senz’altro. Pochi minuti dopo, appare l’ufficiale di servizio al teatro e molto garbatamente chiede al signor Signol di lasciargli libera la poltrona, perchè gli apparteneva. Signol risponde che s’infischia dell’ufficiale, a cui assesta una ceffata. Poi s’alza e se ne va lasciando la sua carta da visita sulla poltrona. L’ufficiale schiaffeggiato intasca il biglietto e si adagia tranquillamente, come se di niente fosse, sulla discussa poltrona, ed alla fine della rappresentazione egli fa il suo bravo rapporto in questi termini:

«Niente di nuovo, eccetto uno schiaffo ricevuto dall’ufficiale di guardia».

Il colonnello lesse, e in margine annotò:

«Concedo all’ufficiale di guardia un giorno di permesso».

All’indomani alla porta di Signol, si fermò una carrozza tirata da quattro cavalli, guidati alla d’Aumont da un servo in gran livrea. I due padrini dell’ufficiale di guardia vi fecero salire Signol e i suoi testimoni, mentre essi li seguirono in un equipaggio assai modesto.

Giunti a Vincennes, nella foresta, i due avversari furono collocati di fronte. Signol conosceva bene la scherma; ma l’ufficiale si batteva per la prima volta. Il duello durò dieci minuti, e malgrado la sua valentia, Signol, ferito da un colpo di spada, tornò a Parigi cadavere nella carrozza modesta; mentre l’attacco alla d’Aumont conduceva l’ufficiale a ringraziare il colonnello, del giorno di permesso accordato.


I giornalisti hanno avuto sempre la cattiva abitudine di lavorare talvolta più di spada che di penna, anche ne’ tempi andati.