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vendo saputo che io era sempre a sua disposizione) che egli preferiva definire la cosa altrimenti. La soluzione sarebbe stata immediata; tanto che io avevo pregato gli on. Anzani e Donati di tenersi pronti.

Che colpa ne ho io se la vertenza si è risolta in polemica?

Quanto ai pourparlers, corsi fra me e l’on. Cavallotti, ecco come stanno le cose. La proposta di definire senz’altro la vertenza, è partita da me per amore di serietà: e la proposta fu fatta in modi e forme eque, così che nè l’uno, nè l’altro avesse a soffrire nella sua dignità. Ma all’on. Donati che la portava, il Cavallotti dopo molte parole disse sì, che vi avrebbe accondisceso, purchè gli avessi mandato una lettera, nella quale press’a poco fosse detto: che avendo egli Cavallotti rifiutato le chieste spiegazioni, nè accettato come definitivo il verbale (lo chiama schema), gli chiedevo una soluzione per le armi. Lasciando stare, che io non potevo tornare sul verbale concordemente fatto, ma agire ex novo, io domando se chi, avendo per sè il più stretto diritto cavalleresco, poteva ricevere a quel modo l’elemosina di uno scontro!

Io rispetto i trenta duelli dell’on. Cavallotti, e credo ormai che essi diano a lui diritto di farsi chiamare uomo senza paura; ma quantunque io non conti che la metà precisa del suo stato di servizio sul terreno e parecchie ferite, voglio almeno sperare che non mi si farà l’ingiuria di supporre, che oggi trovo poco igienico lo scambiare due sciabolate col mio avversario, soltanto perchè tutelo serenamente la mia dignità personale.

Con osservanza,

Dev.mo Macola.



Il duello avvenne a Villa Cellere, fuori di porta Maggiore.