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lutto irreparabile; sono quattordici spose prive del loro marito; sono venti innocenti creature che non hanno più il conforto delle carezze del padre; e di queste non poche dall’agiatezza sono cadute nella miseria per quella aberrazione del sentimento del giusto e dell’onesto che si chiama il punto d’onore od onore cavalleresco.

Al pensiero di quei diciassette cadaveri sento l’animo mio a rivoltarsi e maledico i duellanti; maledico quella genia di gentiluomini battagliantisi per un nulla; maledico quei padrini che per la vanità di leggere il loro nome stampato sulle gazzette, hanno portato al macello, alla morte, tanti figli e tanti padri di famiglia, condannando alla miseria e alla disperazione tante famiglie!...

Questo scrissi io, fautore del duello in talune circostanze peculiari quando lessi:

«Sabato sera (8 novembre) al circolo degli impiegati, alcuni ufficiali, finito il trattenimento danzante andarono in una sala per prendere un boccone, insieme ad alcuni borghesi e ad alcune signore.

In una sala attigua si faceva del chiasso; un ufficiale si credette in buon diritto di chiudere la porta di comunicazione. Ciò urtò qualcuno, che inveì contro coloro che nella stanza si trovavano.

Il primo, che a quelle invettive immeritate si fece sull’uscio fu il tenente Dosio Dosi, che si trovò di fronte a Totò Contarini, impiegato municipale.

Il Contarini pronunciò parole d’offesa contro il Dosi; ma ben presto venuti a reciproche spiegazioni tutto fu accomodato come tra gente civile si conviene.

Almeno così sembrava; ma così non fu perchè tra il Dosi e il Contarini corse una sfida; e dal Contarini, abilissimo tiratore, fu scelta la pistola.

Le condizioni erano gravi; trenta passi di distanza con avanzata fino a dieci passi. Combattimento ad oltranza, cioè: fino a tanto che uno dei duellanti non cadrà al suolo per ferita.

Alle 3 del 9 di novembre 1891 lo scontro ebbe effetto nella caserma Basicò.