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colleghi, non può certamente restarne edificato: si secca, e pone i duellanti.... nello stesso crogiolo della disistima.... conquistata.

Per frequenza, ho detto, seguono i duelli provocati da diverbio. Questi scontri dànno pur troppo un termometro della civiltà nostra. Accattabrighe o maleducati? questo è il dilemma cornuto che s’imporrebbe all’osservatore, se non avesse in contradditorio un altro fatto doloroso a constatare e che, cioè: la maggior parte dei duelli per diverbio avvengono nell’esercito nostro, tra quei bravi ufficiali, esempio costante di valore, di abnegazione e di corretta civiltà in pubblico. Ma, a questo triste predominio non è estranea quella stupidissima credenza che un ufficiale sia disonorato, se non battaglia, se non ferisce, o se non uccide per un nonnulla, per uno scherzo innocente, per una parola un po’... ardita, il collega, che in un momento di impazienza, ma senza l’intenzione di offendere, ebbe la lingua più lunga della volontà.

In America, negli Stati Uniti, un ufficiale che si batte in duello è invece cacciato dall’esercito, o dall’armata, come un cane idrofobo. Oh, santi costumi militari degli Stati Uniti.... per quello che si riferisce alla singolar tenzone, siate benedetti!


Ma, i fautori più colpevoli del reato di duello, sono i nostri onorevolissimi deputati; i nostri legislatori. Ricordo, che all’indomani del discorso inaugurale dell’anno giuridico, proferito a Roma dal Senatore Auriti (1892), veniva pubblicata la relazione dell’On. Nocito sulle domande di autorizzazione a procedere per reato di duello contro parecchi deputati.

La relazione, lasciando da una parte la prerogativa parlamentare, consacrata nell’art. 45 dello Statuto, proponeva l’autorizzazione; ma in quella lista dei deputati rei di duello (oh, disuguale e ingiusta applicazione della legge!), mancavano i protagonisti del duello più clamoroso avvenuto nel 1891 in Roma, sotto le ali protettrici del Governo e della polizia,